Sembrano, ma non sono embrioni artificiali

Sembrano, ma non sono embrioni artificiali

Strutture del tutto simili a embrioni, ribattezzati blastoidi, sono state artificialmente create in laboratorio da ricercatori olandesi. In un articolo pubblicato oggi su Nature, il gruppo guidato da Nicolas Rivron del MERLN, Institute for Technology-Inspired Regenerative Medicine della Maastricht University, ha infatti descritto un esperimento in cui spiegano di essere riusciti a ottenere queste strutture cellulari simili agli embrioni, partendo da due distinte linee di cellule staminali di topo. Sebbene non si sviluppino in embrioni maturi, queste strutture forniscono ai ricercatori un modello che aiuta a fare luce sui processi chiave che stanno alla base di questo periodo cruciale della vita. Le cellule sono state prelevate da un vero e proprio embrione in fase di sviluppo a circa 3- 5 giorni dal concepimento, in fase cioè di blastocisti. Si tratta di una struttura sferica costituita da uno strato di cellule esterne che circonda una cavità piena di liquido che contiene una massa di cellule embrionali. I ricercatori hanno spiegato di essere riusciti a prelevare tessuti embrionali proprio a partire da questa blastocisti e di essere riusciti a prelevare sia quella parte di cellule che nel corso dello sviluppo embrionale darà vita alla placenta, che di quella che invece darà vita all’embrione vero e proprio. Le linee cellulari staminali sono state cioè ottenute sia dallo strato esterno che da cellule embrionali, ma Nicolas Rivron e colleghi hanno dimostrato che entrambi i tipi di cellule possono interagire in vitro per formare strutture simili a blastocisti che chiamano “blastoidi”. I blastoidi hanno forma simile a una blastocisti e mostrano modelli simili di attività genica. Come le blastocisti, si formano quando i segnali che provengono dalla massa interna delle cellule staminali embrionali inducono lo sviluppo dello strato cellulare esterno. Nello sviluppo normale, questo strato esterno andrebbe a formare la placenta, così i ricercatori sperano che il loro modello ci aiuti a capire come si forma la placenta e come l’embrione si impianta nel rivestimento dell’utero e soprattutto quale sia il processo molecolare e genetico che regola questi importanti e delicatissimi momenti dello sviluppo embrionale.

Lo scopo di questa ricerca – ha spiegato Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù – è quello di comprendere i meccanismi genetici che governano questo particolare momento della evoluzione dell’embrione, e in particolare della formazione della placenta e dell’insediamento dell’embrione nell’utero”. I blastoidi – ovvero le strutture cellulari che sono state ottenute dai ricercatori “non possono pero’ in alcun modo essere scambiate per embrioni – spiega Dallapiccola – e non possono in alcun modo evolvere in un embrione. Si tratta di strutture diverse che riproducono- precisa il genetista – solo le membrane esterne della blastocisti”. Il risultato della sperimentazione è quello di “aver ottenuto un modello cellulare che puo’ aiutare la ricerca a comprendere meglio questi processi”.