Una diffusa invasione di formiche in Kenya ha alterato gli equilibri ecosistemici della regione fino a modificare le abitudini alimentari dei leoni. Questo curioso collegamento, descritto sulla rivista Science, è stato osservato in Kenya e descritto dagli scienziati dell’Università del Wyoming e dell’Università della Florida. L’impatto delle formiche non autoctone, spiegano gli esperti, ha causato una serie di reazioni a catena, che il team, guidato da Douglas Kamaru e Jacob Goheen, ha ricostruito minuziosamente, collegando le formiche aliene, gli alberi di acacia, gli elefanti, i leoni, le zebre e i bufali. L’invasione di specie aliene a volte può provocare seri e inaspettati cambiamenti negli ecosistemi, e il caso keniota ne rappresenta un esempio lampante. Il gruppo di ricerca ha utilizzato una combinazione di approcci, osservazioni, grafici e strumenti di monitoraggio per studiare i collegamenti tra la flora e la fauna presenti nella Ol Pejeta Conservancy. Gli alberi di acacia, spiegano gli scienziati, forniscono nettare e riparo alle formiche autoctone, che li difendono dagli insetti e dagli elefanti. Nella riserva, riportano gli autori, è stato osservato un incremento di Pheidole megacephala, o formica marrone delle coste, una specie invasiva che ha soppiantato la specie autoctona, lasciando gli alberi di acacia vulnerabili agli elefanti. I fusti sono quindi scomparsi con una velocità da cinque a sette volte superiore nelle aree infestate rispetto alle zone in cui le formiche keniote li proteggevano. Di conseguenza, il paesaggio è progressivamente divenuto più spoglio, lasciando ai leoni meno possibilità di nascondersi nella radura per attaccare le zebre. Gli inseguimenti e le uccisioni di zebre sono stati in media 2,87 volte più elevati nelle zone prive di formica marrone delle coste. In queste regioni, i leoni si sono nutriti più spesso di bufali. Dal 2003 al 2020, riportano gli autori, è stato osservato un calo dal 67 al 42 per cento nel numero di uccisioni di zebre da parte di leoni, mentre per i bufali la percentuale di decessi dovuti ai leoni è salita dallo 0 al 42 per cento. “Abbiamo dimostrato – afferma Kamaru – che la diffusione della formica marrone delle coste, uno degli invasori più diffusi ed ecologicamente più impattanti del mondo, ha innescato una reazione ecologica a catena che riduce il successo con cui i leoni possono cacciare la loro preda principale”. Fortunatamente, osservano gli studiosi, la popolazione di leoni non è diminuita, probabilmente proprio perché è riuscita a variare la propria alimentazione. “Spesso scopriamo che sono le piccole cose a governare il mondo – osserva Palmer – queste formiche sono apparse nella riserva keniota orientativamente 15 anni fa. Non essendo aggressive verso creature più grandi, sono passate piuttosto inosservate, ma stanno trasformando il paesaggio e gli ecosistemi in cui sono giunte con effetti impressionanti. La natura è intelligente e le creature come i leoni tendono a trovare soluzioni ai problemi che affrontano, ma non sappiamo se questa variazione nella loro alimentazione avrà impatti a lungo termine. Speriamo di continuare a monitorare la situazione e rispondere agli interrogativi ancora irrisolti”. “Questo lavoro – commenta in una prospettiva correlata Kaitlyn Gaynor, dell’University of British Columbia – offre uno sguardo interessante su come l’interruzione di un mutualismo possa provocare effetti a catena inaspettati. Preservare gli ecosistemi non significa solo prevenire l’estinzione di determinate specie, ma anche conservare le interazioni tra animali e piante, flora e fauna”.
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