C’è una coppia di italiani dietro a quello che potrebbe essere lo scatto del secolo. Lui si chiama Ciriaco Goddi, ha 42 anni ed è originario di Orune, in Barbagia (Nuoro). E’ infatti proprio lui il BlackHoleCam project scientist alla Radboud University, Nijmegen, in Olanda e astronomo presso l’Alma Regional Center a Leiden, sempre in Olanda.
Lei invece è , nata ad Alcamo, in Sicilia, 38 anni fa, laurea e dottorato a Bonn, in Germania, poi tre anni in Virginia, negli Stati Uniti, la pubblicazione su Nature di una sua scoperta (“l’acqua più antica dell’Universo”, così dissero i giornali) e infine un posto in Cile.
Ciriaco e Violette in questi giorni sono dall’altra parte del mondo, nel cuore del Deserto di Atacama in Cile a oltre 5.100 metri di quota dove ha sede l’Atacama Large Millimeter Array (Alma), che è il radiotelescopio più sensibile mai costruito in banda millimetrica. Da lì, dalla sala di controllo di questo telescopio, decideranno, insieme ai loro colleghi, se a partire da oggi e fino al 14 aprile, ci sono le condizioni climatiche giuste per dare l’avvio alle operazioni che permetteranno di coordinare otto diversi telescopi (Event Horizon Telescope, Eht) in tutto il mondo e di scattare la foto che tutti gli astrofisici aspettano, quella all’orizzonte degli eventi intorno al buco nero che si trova al centro della Via Lattea, Sagittarius A.
“Il maggiore ostacolo che dovremo affrontare durante le osservazioni il prossimo mese è dato dalle condizioni climatiche, in particolare dal tasso di umidità o più precisamente dal contenuto di vapore acqueo nella troposfera”, ha spiegato Goddi, a Media Inaf ”Il suo effetto non è solo quello di attenuare il già debole segnale, ma è anche quello di distorcere il fronte delle onde radio, per cui una volta che queste arrivano ai rivelatori non saremo in grado di ricostruire l’immagine della sorgente che le ha generate. Per questo motivo, noi astronomi del consorzio EHT di presidio nei vari telescopi dovremo decidere se dare o meno il via libera alle osservazioni sulla base di fattori climatici (in primis la colonna di vapore acqueo misurato ai telescopi nei vari siti). Io starò di base ad Alma, lo strumento di gran lunga più importante dell’esperimento, per cui da li sarà presa la decisione se procedere con le osservazioni o no, sulla base appunto delle condizioni climatiche che saranno presenti durante quei 10 giorni nel deserto di Atacama (Cile)”.
”In un certo senso – ha scritto in un post su Blog Italia di Agi, il fisico Emilio Santoro – sara’ come provare a fare una fotografia all’interno dell’occhio di un uragano, solo che, al posto delle nuvole ci sono le stelle, e i venti, saranno fiammeggianti lampi di plasma incandescente. Osservare da vicino il profilo di un uragano e quello di certe galassie, come la nostra Via Lattea, non puo’ non stimolare una certa curiosita’ riguardante il fatto che entrambi gli oggetti presentano forti analogie morfologiche, con lo sviluppo spiraliforme che essi presentano alla stessa maniera“.
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