La sonda Schiaparelli è arrivata, ma non è riuscita a trasmettere? Oppure si è schiantata al suolo perché i motori si sono spenti a una quota impossibile? Sono questi alcuni dei quesiti che stamattina a Darmastadt i responsabili dell’Agenzia Spaziale Europea tenteranno di risolvere dopo aver passato la notte a decodificare e a interpretare il pacchetto completo dei dati di telemetria (incluse le immagini) inviate a Terra dall’orbiter TGO la cui intersezione nell’orbita marziana è invece andata a buon fine.
Il punto della ricostruzione dei dati e delle dinamiche dell’eventuale incidente è cruciale anche ai fini del secondo – e molto più importante tempo – della missione Exomars, che si dovrebbe giocare nel 2020, ovvero l’invio sul Pianeta Rosso di un rover capace di perforare il suolo marziano alla ricerca di forme di vita al riparo dalle radiazioni cosmiche. La missione Schiaparelli è in pratica il test sul campo che è servita a misurare le capacità italiane ed europee di saper far atterrare un oggetto indenne su Marte. In questa ottica, comprendere la dinamica dei fatti è cruciale perché significa comprendere se il problema è facilmente superabile oppure no. In altri termini è il dato che servirà a comprendere se la missione è stata un grande fallimento o un mezzo passo in avanti.
La questione è infatti molto complessa e molto delicata. Alla vigilia dell’ammartaggio, il coordinatore scientifico di ASI, Enrico Flamini lo aveva spiegato chiaramente: “far scendere un oggetto su Marte e’ difficilissimo, fino ad oggi solo gli americani ci sono riusciti“. I problemi sono tanti e la procedura è piuttosto complessa. I dati di discesa (velocità, direzione) debbono essere elaborati e tradotti in comandi che agiscono in automatico senza alcuna possibilità di correzione da Terra. Basta un piccolo errore dei sensori per avere dati che poi possono alterare questa procedura e determinare il fallimento dell’intera missione.
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