Non esiste ricchezza e nemmeno sviluppo senza un accesso universale a beni comuni come la salute e l’istruzione. Il Premio Nobel, Amartya Kumar Sen al Policlinico Agostino Gemelli di Roma, stamattina ha ricordato il tema di fondo della sua vita dedicata alla ricerca di un modello universale di sanità che riesca a garantire l’accesso anche ai più deboli. Lo ha fatto in una aula stracolma di studenti e di ricercatori del Policlinico romano dove, davanti a un altro premio Nobel, Robert Huber, all’Arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, al direttore generale del Gemelli, Enrico Zampedri, ha partecipato alla VI Giornata per la Ricerca promossa dall’Università Cattolica. Quello del Premio Nobel indiano è stato l’intervento più atteso. ”La salute è uno degli aspetti prioritari della vita umana, è grande la diseguaglianza nell’accesso alle cure. Se si garantisce l’assistenza sanitaria universale, si migliora la qualità della forza lavoro e dunque tutta l’economia ne avrà benefici”. Il problema è che questi servizi non sono ovunque così accessibili. Lo sono in Europa, certo, e tra questi, benchè perfettibile e migliorabile ”il sistema italiano è tra i migliori al mondo” ha spiegato Amartya Sen, ma non lo sono nella sua India, dove solo un paio di Stati hanno introdotto un modello i sanità universale, tra questi il Kerala, e non lo sono negli Stati Uniti, dove anzi, la nuova Presidenza Trump sta pensando di tornare indietro rispetto al programma sanitario voluto da Obama incontrando una reale resistenza da parte della società americana. “Negli Stati Uniti c’è una grande opposizione a Donald Trump” ha spiegato. ”Da quando Trump si è insediato il suo consenso è ulteriormente diminuito – ha aggiunto – e tutti noi dobbiamo riconoscere agli Stati Uniti il merito per la battaglia che i cittadini stanno conducendo contro queste decisione del nuovo presidente che può tradursi in politiche più positive”. Ancora meno comprensibili sono poi, per l’anziano Premio Nobel, le posizioni di alcuni ricercatori e di tanta parte dell’opinione pubblica nei paesi occidentali, di contrarietà ai vaccini. “Mi ha sorpreso di recente la comparsa di gruppi di persone, in genere sostenuti da 1, 2 ricercatori, che ritengono che i vaccini siano pericolosi. I vaccini sono stati utilizzati per diversi anni in tutto il mondo con, effetti estremamente positivi”, ha detto. In ogni caso ”nel mondo scientifico questo atteggiamento e’ molto circoscritto. Pero’ – ha concluso – dobbiamo sempre cercare di fare cose che possano migliorare la vita delle persone“.
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