I profili genetici degli Italiani

I profili genetici degli Italiani

Nei giorni scorsi, il 10 febbraio per la precisione, il professor Alberto Piazza (Accademia delle Scienze di Torino)  ha tenuto una interessante conferenza alla Accademia Nazionale dei Lincei.

Piazza è uno dei massimi esperti nello studio della genetica delle popolazioni e, nel corso della sua carriera ha contribuito a descrivere le tracce delle varie migrazioni umane che si sono susseguite nel corso del tempo, rintracciando, all’interno delle diverse popolazioni, singole mutazioni, la loro distribuzione all’interno dei diversi gruppi e la varietà. Emerge un quadro davvero interessante, in cui risulta difficile parlare di popoli, di razze, di confini e di muri. L’umanità è in effetti, il frutto di un grande e continuo mescolamento, e l’Italia è uno tra i paesi in cui le popolazioni si sono mescolate di più tra loro.

Ecco di seguito la sintesi proposta da Alberto Piazza.

 piazza, albertoL’Italia è, dal punto di vista genetico, un mosaico di gruppi etnici ben differenziati. I risultati di ricerche durate molti anni fanno emergere un quadro della variabilità genetica (oltre che linguistica ed onomastica) dell’Italia che isola quattro scenari importanti:

1) la separazione della Sardegna dal resto del continente, anzi da tutte le altre popolazione europee, che probabilmente rivela un’origine più antica della sua popolazione, indipendente da quella delle popolazioni italiche e con ascendenze nel Mediterraneo Medio-Orientale;

2) un gradiente di variabilità da Nord a Sud, di probabile origine pre-romana, consolidato dalle colonizzazioni greche nell’Italia meridionale;

3) la presenza di aree indipendenti di omogeneità genetica nella regione toscana e intorno alla Liguria;

4) una eterogeneità genetica all’ interno della Sicilia.

Tale quadro non solo non è stato smentito, ma è stato rafforzato e precisato dalle analisi moderne che si sono susseguite direttamente sul DNA. Queste ultime, meno sistematiche ma con risoluzione molto maggiore delle precedenti (il campionamento non copre tutta la penisola in modo omogeneo e il numero dei campioni è talvolta inadeguato), sono tuttavia più focalizzate su problemi locali specifici e perciò acquisiscono in precisione di dettaglio a livello addirittura individuale – soprattutto nell’indicare quadri di riferimento temporale – quel che possono perdere in generalità. La risposta alla domanda in quali tempi abbiano avuto origine le differenze genetiche di cui ancor oggi osserviamo le tracce in Italia, è più difficile: la mancanza di una documentazione archeologica continua nel tempo e contigua nello spazio ci permette di datare in modo approssimato i movimenti delle popolazioni preistoriche, ma non di accertare le loro dimensioni numeriche in Italia. In generale,  è nostra convinzione che la romanizzazione dell’Italia e dell’Europa non abbia cambiato in modo sostanziale la struttura genetica delle popolazioni conquistate. La colonizzazione romana ha prodotto cambiamenti importantissimi nel sistema politico, amministrativo, commerciale, edilizio, più che sostituzioni di intere popolazioni (così come è avvenuto, ad esempio, per la colonizzazione europea delle Americhe).


autosomico-italianoIl mondo italico
, con la diversità delle sue culture locali che si sono più o meno chiaramente definite all’inizio dell’Età del ferro (IX-VIII secolo a.C.), sembra essersi congelato nell’immagine offerta oggi dalla sua struttura genetica a livello macro- e micro-geografico. La testimonianza dell’analisi di interi genomi che oggi si avvale di strumenti di dissezione molecolare estremamente raffinati, non solo non la smentisce ma sottolinea l’esigenza di un radicale cambiamento di paradigma nel riferimento a quell’ambito disciplinare che tradizionalmente viene circoscritto nell’espressione “genetica di popolazioni”. I popoli sono costituiti da individui e come per le origini delle popolazioni anche per le origini degli individui vale la considerazione che la condivisione di una più o meno ampia frazione di DNA con un nostro simile e la conoscenza migliore di quanto simili siano i profili genomici di entrambi illude doppiamente: sia perché non è la somiglianza della sequenza di DNA a render due individui più simili, sia perché non garantisce né un passato (a partire dall’eventuale antenato comune, l’origine) né un destino comune. Oggi siamo in un momento fortunato in cui tecnologie molto innovative ci permettono di studiare l’uomo piuttosto che la popolazione alla quale appartiene o è appartenuto nel passato. In campo medico si parla appunto di medicina di precisione o “personalizzata” riflettendo una trasformazione analoga.

I profili genetici degli italiani – e non il profilo, al singolare – sono tanti quanti sono gli individui ed ognuno si costruisce il proprio futuro, ma si ricostruisce anche il proprio passato.

La sfida è quella di analizzarli uno per uno per il benessere di tutti. Il messaggio semplice che vorrei lasciare è che oggi l’espressione “genetica di popolazioni” non è più adeguata agli strumenti di risoluzione analitica di cui possiamo disporre e finirà per non avere più cittadinanza nel lessico delle nostre ricerche – così come è stato il caso per la parola razza – se non ancora per definire categorie di pazienti: ma in via provvisoria, fino a quando ognuno di loro potrà e dovrà venire considerato in base al suo genoma personale e all’ambiente in cui vive: d’altra parte anche la distinzione tra sano e malato sta sfumando sempre più e dobbiamo affrontarne la complessità avendo il coraggio di guardare avanti ed accettarne la sfida.