Niente, nessun esperimento con il cerio 144 sotto al Gran Sasso. Dopo le polemiche seguite a inchieste giornalistiche e a prese di posizione da parte degli organi politici regionali, oggi un comunicato che chiude definitivamente la questione. Qui sotto la nota diffusa dall’INFN.
” L’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e il Commissariat à l’énergie atomique et aux énergies alternatives (CEA) francese comunicano la decisione presa di comune accordo di annullare il progetto SOX per l’impossibilità tecnica di realizzare l’esperimento. Dopo le difficoltà di cui aveva informato a dicembre, il produttore della sorgente, il russo Mayak, ha comunicato in modo definitivo che non è in grado di realizzare il generatore di antineutrini basato sul Cerio 144, che avrebbe dovuto costituire il cuore del progetto SOX. Il generatore avrebbe, infatti, un’intensità di non più di 50 kCi (kilocurie), che corrisponde a circa un terzo di quanto richiesto dal progetto, e quindi non avrebbe le caratteristiche di attività necessarie, cioè non fornirebbe un numero sufficiente di antineutrini, per condurre l’esperimento in modo scientificamente efficace e competitivo. Il progetto, che era risultato vincitore di due ERC (European Reaserch Council) grant, i finanziamenti europei più prestigiosi e ambiti riservati a progetti di ricerca altamente innovativi e challenging, e che era nel programma scientifico dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN, non sarà quindi realizzato.
“Sapevamo che costruire una sorgente di antineutrini con le caratteristiche necessarie perché il nostro progetto fosse in grado di produrre risultati scientifici significativi e fosse competitivo a livello internazionale era una sfida tecnologica impegnativa, – spiega Marco Pallavicini, coordinatore del progetto SOX – ma la grande rilevanza scientifica dell’obiettivo e la possibilità di realizzarla che ci era stata prospettata ci avevano guidati in questa impresa”. “Oggi, purtroppo, dobbiamo prendere atto dell’impossibilità di produrre una sorgente idonea, – prosegue Pallavicini – è un duro colpo per me e per i tanti, soprattutto giovani, che ci credevano e che hanno lavorato con grande impegno in questi anni per portare SOX a realizzazione”. “Ma sappiamo anche che così funziona la ricerca scientifica di frontiera: si affrontano problemi complessi e si valutano soluzioni tecniche e tecnologiche d’avanguardia, e talvolta può accadere che al momento della loro implementazione si riveli l’impossibilità di portarle a compimento. Il nostro compito di ricercatori è ora puntare con fiducia a nuovi obiettivi”, conclude Pallavicini.
I neutrini sterili e il progetto SOX
Esistono tre tipi di neutrini: elettronico, muonico e del tau che, quando interagiscono con la materia, possono produrre rispettivamente elettroni, muoni e particelle tau. I neutrini possono però trasformarsi da un tipo in un altro: questo fenomeno si chiama oscillazione del neutrino. Alcuni rivelatori di neutrini nel mondo hanno osservato in flussi di neutrini elettronici un’anomalia in questo processo di oscillazione, misurando la scomparsa di alcune di queste particelle, anomalia che si può spiegare con l’esistenza dei cosiddetti neutrini sterili. La scoperta di queste particelle avrebbe implicazioni profonde per la comprensione dell’universo e della fisica delle particelle fondamentali. Il neutrino sterile aprirebbe, infatti, una nuova era nella fisica e nella cosmologia, perché sarebbe la prima particella scoperta non compresa nel Modello Standard, che è la nostra attuale teoria che descrive le particelle elementari e le interazioni che ne regolano il comportamento.
SOX (Short distance Oscillations with boreXino) aveva come obiettivo scientifico la conferma o la chiara confutazione del fenomeno delle anomalie del neutrino. Progettato per cercare di individuare i neutrini sterili, SOX prevedeva il lavoro in tandem di un generatore di antineutrini, basato su una sorgente radioattiva di Cerio 144, e dell’esperimento Borexino, il più sensibile e radiopuro rivelatore di neutrini e antineutrini al mondo, in attività dal 2007 ai Laboratori sotterranei del Gran Sasso dell’INFN, al riparo dai raggi cosmici grazie ai 1400 metri di roccia del massiccio sovrastante”.
fonte: Comunicato stampa INFN
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