Le prime manifestazioni artistiche dell’uomo, il tesoro artistico del Sahara restaurato grazie a un progetto di cooperazione italiano
A cura di Maria Cristina Tomassetti (restauratrice free lance) e Giulio Lucarini (archeologo dell’Università di Cambridge)
Il Gilf Kebir, la “grande barriera”, è un altopiano arenarico che si trova alle propaggini sud-occidentali dell’Egitto, ai confini con la Libia e il Sudan. Per millenni il Gilf Kebir ha rappresentato area di transito e sosta per i gruppi preistorici che si spostavamo tra il Sahara orientale e la Valle del Nilo. L’area è nota per i dipinti e le incisioni rupestri che caratterizzano numerosi suoi siti; in particolare, le grotte presenti nell’Wadi Sura (“la valle delle immagini”) fanno del Gilf Kebir una componente importante del complesso sahariano di arte rupestre.
Per l’eccezionalità che il territorio riveste sia dal punto di vista culturale che naturalistico, nel 2007 l’area venne dichiarata protetta, con l’istituzione del Gilf Kebir National Park.
Proprio al fine di proteggere e valorizzare questo prezioso patrimonio, un progetto di conservazione e restauro delle grotte dipinte, concentrato in particolare su Grotta dei Nuotatori, Grotta degli Arcieri e Grotta Foggini, è stato inserito nel quadro generale del “Programma Ambientale di Cooperazione Italo-Egiziana”.
Il progetto, diretto dall’archeologa africanista Barbara Barich (ISMEO / già Sapienza Università di Roma), vede la partecipazione di numerosi specialisti, tra cui gli autori di questo articolo: la restauratrice Maria Cristina Tomassetti, conservatrice con grande esperienza di contesti egiziani e l’archeologo Giulio Lucarini, (Università di Cambridge / ISMEO), Vice Direttore del progetto ed esperto di preistoria sahariana.
La Grotta dei Nuotatori è stata scoperta nel 1933 dall’esploratore ungherese László Almásy ed è divenuta particolarmente nota al grande pubblico in quando parte dell’ambientazione del film ‘Il paziente inglese’ diretto nel 1997 da Anthony Minghella e premiato con ben 9 premi Oscar. La grotta deve il suo nome ad alcune figure, i “nuotatori” appunto, dipinte in posizione orizzontale, che costituiscono tra i motivi più popolari dell’Wadi Sura. La loro interpretazione come veri e propri nuotatori rimane incerta; più verosimilmente queste figure sono rivestite di un forte significato simbolico. Dei tre ripari, Grotta dei Nuotatori è quella che mostra il peggiore stato conservativo, trovandosi in condizioni davvero drammatiche. Per questo è stato di deciso di avviare l’attività proprio in questo sito.
Il progetto si è presentato come una vera e propria sfida, le cui problematiche maggiori sono ovviamente connesse alla difficoltà di raggiungere il sito, situato a circa 900 km a sud-ovest del Cairo e a 450 km circa dal più vicino centro abitato, al tempo di permanenza necessariamente limitato e alla difficoltà di effettuare i sopralluoghi utili alla verifica dei materiali testati. Nel corso di tre campagne di lavoro, condotte tra il 2010 e il 2013, si è giunti alla definizione di un protocollo d’intervento, attraverso lo studio dei fenomeni e delle cause del degrado, con indagini chimiche e rilevamenti ambientali, la sperimentazione in situ e in laboratorio dei materiali più idonei per la conservazione e l’esecuzione del restauro di tre aree campione, rappresentative delle diverse tipologie di deterioramento.
Considerata l’importanza di questi dipinti e la validità dei risultati del lavoro presentati nel paper scientifico appena pubblicato su International Journal of Conservation Science, ci si augura in un futuro non troppo lontano, di poter continuare l’opera di conservazione di queste eccezionali testimonianze di cultura che, seppur tanto fragili e remote, reclamano il loro diritto di essere protette quali patrimonio dell’intera umanità.
Credits per le Foto: Carlos De la Fuente
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